* L’immagine inserita è stata realizzata da Rosmary Pia, 17 anni, che ha rappresentato in modo semplice ed immediato come stanno oggi gli adolescenti come lei.


“Dottoressa, mio figlio non vuole più studiare…”

“Dottoressa, mia figlia è apatica e dice di sentirsi come in una bolla”

“Dottoressa, mio figlio trascorre troppo tempo davanti ai videogiochi”

Queste sono solo alcune delle richieste di aiuto che sto ricevendo da qualche mese, soprattutto dopo il “secondo lockdown”, che ha segnato per gli adolescenti la sospensione di una possibilità di ricominciare, la sospensione della speranza in un futuro se non migliore, almeno al pari del passato appena trascorso.


Perchè stanno male gli adolescenti oggi?

L’adolescenza è per definizione la fase di esplorazione e separazione dalla famiglia, il periodo in cui si “lotta” con i genitori per ottenere il sì ad uscite, cene, aperitivi e serate in discoteca.

L’arrivo della pandemia e i conseguenti lockdown stanno reprimendo il bisogno di socializzazione degli adolescenti, i quali hanno bisogno di appartenere al gruppo sociale per definire la loro identità. È stato inoltre dimostrato che l’isolamento sociale in adolescenza può avere danni al pari di un evento rischioso per la vita.

La pandemia li ha letteralmente bloccati, come un ostacolo che improvvisamente è piombato nel loro percorso di vita, un ostacolo, però, che non spetta a loro rimuovere, ma che inevitabilmente li sta condizionando.


Cosa provano gli adolescenti oggi?

Molti ragazzi riportano di sentirsi apatici, privi della capacità di sperimentare le emozioni nella loro intensità tipica dell’adolescenza. È come se alcuni di loro avessero deciso di mettere un velo tra sé stessi e la realtà, che gli consente di provare meno dolore, meno sofferenza, ma con il rischio di perdere la connessione con il proprio mondo interiore. Altri mi raccontano di aver perso la motivazione nello studio: “Cosa serve studiare così, non ha senso”, ammettono di non sentirsi appartenere realmente ad una classe, di non percepire l’autorevolezza degli insegnanti e di provare tanta solitudine nella propria camera di fronte ad uno schermo freddo e statico.

L’impossibilità di scegliere quali esperienze vivere al di fuori di casa e di potersi sperimentare anche nei propri limiti sta costringendo molti ragazzi a rifugiarsi nella realtà virtuale offerta dai social network che, se da una parte sono vitali in quanto li tengono in contatto con i pari, dall’altra possono alienarli e renderli ancora più isolati e distaccati dall’emotività. I videogiochi, specialmente per i maschi, permettono loro di provare quel senso di forza, competizione e squadra che sta mancando nelle attività sportive e che rappresenta uno dei motori vitali per gli adolescenti.


Quali possono essere i campanelli d’allarme?

Puoi accorgerti che tuo figlio sta male, se manifesta in misura intensa ed improvvisa irritabilità e nervosismo oppure apatia e demotivazione. Anche disturbi nel sonno, alterazioni nell’appetito e calo repentino del rendimento scolastico possono essere spie di un disagio che merita attenzione e approfondimento. Di norma, un genitore dovrebbe interrogarsi se nota qualsiasi differenza significativa nel proprio figlio che compare intensamente o in breve tempo e che compromette la qualità di vita del figlio.


Cosa possono fare i genitori?

Mai come in questo periodo ci si rende conto di quanto sia complesso essere genitore di un adolescente: un compito già difficile in sé, ora aggiunto dalle sfide della pandemia e dei lockdown.

Il genitore dovrebbe rassicurare il figlio, non giudicarlo per come si sente ma riconoscere le sue fatiche attraverso l’ascolto, il dialogo e una disponibilità alla vicinanza, che permette al figlio di non sentirsi soffocato o controllato, ma che allo stesso tempo non lo fa sentire solo con il suo disagio.

Uno dei primi passi per comprendere come sta oggi un adolescente è mettersi nei suoi panni: immaginarsi quanto possa essere frustrante e alienante rinunciare per più di un anno alla propria parte vitale fatta di incontri, uscite, esperienze; rinunciare insomma a quella parte che ognuno di noi da ragazzo ha immaginato, progettato e sognato ad occhi aperti.

Se le restrizioni da lockdown stanno strette a noi adulti, agli adolescenti ancora di più: i “grandi” hanno potuto maturare una consapevolezza ed acquisire gli strumenti per gestire la frustrazione e la limitazione alla propria libertà, perché hanno alle loro spalle esperienze e vissuti che possono averli in qualche modo preparati. Inoltre, l’adulto tendenzialmente sa fare rinunce e sacrifici e farsene una ragione, non perché sia più bravo dell’adolescente, ma perché ha bisogni differenti dai suoi.

Una strada possibile di incontro con il figlio può essere quella di chiedergli come sta, come si sente ed offrirgli esperienze di condivisione; accettare, inoltre, eventuali cadute nel rendimento scolastico e affrontarle cercando di non intervenire a “gamba tesa” con punizioni… sono già abbastanza in punizione, non credete?

Il genitore può, quindi, rimanere per il figlio il punto di riferimento che lo aiuta a cercare assieme una soluzione alle difficoltà emergenti, facendolo sentire protagonista della sua vita, che oggi più che mai sente sfuggire alle sue mani, perché limitata e decisa da altri e da altro.

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