La diffusione del covid 19 e il relativo periodo di isolamento ha costretto ognuno di noi a cambiare le proprie abitudini e a confrontarsi con molteplici fatiche di ordine pratico, ma soprattutto di tipo emotivo e psicologico. Le famiglie, quindi, si trovano a dover fronteggiare una situazione alquanto delicata che le porta spesso allo stravolgimento di equilibri preesistenti e all’emergere di dinamiche nuove ed inaspettate. I genitori sono i primi ad essere affaticati e provati dalla situazione di emergenza in atto e sono chiamati a prestare attenzione non solo al proprio vissuto emotivo, ma anche a quello dei figli.

Che ruolo hanno i bambini in questa emergenza?

I bambini sono considerati la categoria maggiormente a rischio di questo periodo di emergenza, in quanto, specialmente se molto piccoli, subiscono una rottura di continuità nella loro quotidianità, senza avere gli strumenti adatti per comprenderne le motivazioni. Ad esempio, per un bambino di 4 anni è molto difficile accettare che la mamma non lo porti al parco a causa della presenza di un virus, perché lui rimarrà molto concentrato sul proprio bisogno che fino a poco prima veniva soddisfatto senza repliche. Anche la chiusura delle scuole costringe i bambini a privarsi di un’esperienza formativa e socializzante, senza la quale viene loro a mancare una parte importante per la crescita e lo sviluppo. Un’altra rinuncia dolorosa e difficile da accettare è non poter vedere i nonni che sono per i bambini figure affettivamente significative ed in molte famiglie rappresentano, dopo i genitori, persone di riferimento e fonti di accudimento.

I bambini sono, dunque, vittime più vulnerabili di un evento traumatico che ha colpito in modo inaspettato ed improvviso tutta la collettività e possono far fronte a ciò, grazie al sostegno delle loro figure di attaccamento.

Quali segnali di disagio possono manifestare i bambini?

Rispetto ad una prima fase, in cui la comunicazione della chiusura delle scuole poteva essere vissuta dai bambini come una sorta di vacanza, successivamente loro stessi si sono resi conto che si tratta di un periodo eccezionale, privo di certezze e pieno di privazioni e limiti. Pertanto, il prolungarsi dell’isolamento e l’indefinitezza che lo contraddistingue costituiscono fattori di stress e di rischio per lo sviluppo di un disagio emotivo.

Di fronte ad un evento di questa portata i bambini possono esprimere le loro fatiche emotive più attraverso il comportamento che verbalmente, soprattutto in funzione della fascia d’età.

In particolare, i genitori potrebbero notare atteggiamenti anche tra loro contradditori e di difficile interpretazione, ma che meritano attenzione, comprensione e cura.

I bambini, quindi, possono essere più irritabili, nervosi ed arrabbiati, sia perché si trovano a dover seguire delle restrizioni imposte e rigide sia perché avvertono il clima di angoscia e tensione circostante. Trascorrere tutta la giornata in casa li porta inevitabilmente a vivere momenti di inattività e noia che alcuni potrebbero faticare a tollerare, essendo sempre abituati a vivere una quotidianità intensa e ricca di impegni (attività extrascolastiche, sport, giochi all’aperto..). Ciò spinge qualche bambino alla lamentela e alla richiesta costante della presenza del genitore, al quale si richiede attenzione e stimolazione. Altri segnali di disagio sono i disturbi psicosomatici: mal di testa, mal di pancia, nausea sono alcuni sintomi che il bambino manifesta quando avverte tensione ed agitazione, ma fatica ad esprimerli con le parole. Infine, possono emergere difficoltà nel sonno, sia in fase di addormentamento sia durante la notte con incubi ricorrenti. Questi ultimi possono essere la spia di qualche pensiero e preoccupazione che, per diversi motivi, non trova spazio di espressione durante la giornata oppure possono essere l’esito di una rielaborazione di notizie ed informazioni ricevute passivamente, ma cariche emotivamente. La difficoltà nell’addormentarsi può essere, invece, spiegata con una fatica nel “separarsi” dal genitore e nel rinunciare alla sua vicinanza e presenza, di cui il bambino potrebbe avere bisogno in questo periodo più di altri.

Come gestire l’afflusso costante di informazioni dall’esterno sul Coronavirus?

I bambini hanno bisogno di sapere cosa sta succedendo nel mondo esterno e ciò va spiegato con un linguaggio comprensibile, in base alla loro età e al loro sviluppo. Non li si protegge tenendoli all’oscuro, bensì informandoli nel modo adeguato, omettendo i dettagli traumatici che non capirebbero e sarebbero solo fonte di ansia e preoccupazione per loro. I genitori possono dedicare un momento della giornata per vedere un notiziario con il figlio, a patto che quest’ultimo non venga lasciato solo o che non trovi risposta alle proprie domande. Nello spiegare l’emergenza al bambino, il genitore dovrebbe valorizzare gli aspetti positivi legati alla presenza dei professionisti che si stanno occupando di curare i malati e di mettere in sicurezza la collettività.

Come aiutare i bambini in questo periodo?

Il primo importante passo che i genitori dovrebbero fare è riconoscere la fatica enorme a cui sono chiamati i bambini in questa emergenza, legittimando i loro vissuti emotivi, senza allarmarsi, ma nemmeno minimizzandoli o addirittura negandoli.

I bambini possono fronteggiare un evento così critico, se sentono il sostegno delle figure di attaccamento e trovano uno spazio di ascolto e di dialogo con loro, dove possano essere aiutati ad esprimere le proprie preoccupazioni, paure o perplessità, senza il timore di un giudizio o di una reazione negativa da parte dell’adulto.

Se il genitore, ad esempio, nota nel proprio figlio un comportamento che lo preoccupa, dovrà prestarci attenzione, analizzarlo con lui e approfondire il vissuto emotivo sottostante, cosicché il bambino possa comprendere cosa gli sta accadendo e non si senta solo nell’affrontare la difficoltà.

I bambini, infatti, devono sentirsi al sicuro a casa con la famiglia ed avvertire che gli adulti si occupano di loro e si prendono cura del loro mondo emotivo.

Allo stesso tempo è importante che i bambini possano svolgere attività divertenti in linea con la loro fase evolutiva, giocando, leggendo libri piacevoli o dedicandosi ad attività manuali e creative. È appunto indispensabile che essi non si sentano sovraccarichi delle tensioni degli adulti, ma che possano mantenere la loro identità di bambino che trova soddisfazione ai propri bisogni infantili. Tra questi anche i rapporti sociali rientrano negli aspetti fondamentali per il benessere dei bambini, che in questo periodo possono essere sostenuti dai genitori nel mantenerli per quanto possibile, ad esempio organizzando videochiamate con gli amici, sia per svolgere compiti scolastici insieme sia per offrire loro uno spazio di condivisione tra pari. La routine persa in questo periodo può essere, quindi, in parte recuperata, mantenendo alcune abitudini precedenti all’emergenza, come il risveglio mattutino o la cena condivisa, che rassicurano i bambini e li aiuteranno nella ripresa futura.

Quando i genitori si rendono conto di essere sopraffatti dalle proprie emozioni e quindi sentono di non riuscire a sostenere e dare sicurezza al proprio figlio, possono chiedere aiuto per se stessi, nella consapevolezza che il loro benessere è direttamente collegato a quello del bambino.

Cosa fare se vedo il mio bambino agitato?

Dopo aver validato il suo vissuto emotivo ed averlo aiutato nel comprendere da cosa è generato, il genitore può insegnare al proprio figlio alcune tecniche di respirazione semplici, ma efficaci.

Ad esempio, a un bambino dai 4 anni in su si può chiedere di tenere un peluche o un oggetto di sua scelta sulla pancia, concentrandosi sui movimenti del diaframma e contando fino a tre sia in fase di inspirazione che di espirazione. Inoltre, il genitore può suggerire al bambino di visualizzare immagini piacevoli e di suo gradimento che accompagnano la respirazione e gli permettono di percepire uno stato di benessere generalizzato. È bene ricordarsi che sia il contatto fisico, come la coccola, l’abbraccio sia il contatto visivo sono utili strumenti che permettono al genitore di trasmettere sicurezza e tranquillità al proprio figlio.

Cosa fare se c’è stato un lutto in famiglia a causa del covid 19?

Tra gli aspetti che rendono complicati i lutti di questo periodo ci sono l’impossibilità di essere preparati alla perdita, la mancanza di un saluto, di un rito funebre e della vicinanza fisica delle altre persone. Anche il bambino, quindi, si trova a non avere più un nonno o una nonna o entrambi, senza averli potuti salutare e senza aver partecipato al funerale che è uno dei fattori facilitanti l’elaborazione di una perdita.

Qualora la famiglia avesse subito un lutto da Coronavirus, il bambino che ne fa parte deve essere adeguatamente informato, senza che venga spaventato e caricato di angoscia o di rabbia per come sono andate le cose. Al fine di sostenerlo nell’elaborazione, il genitore può proporre al figlio la creazione di una “scatola dei ricordi”, nella quale il bambino possa introdurre oggetti e disegni che ricordano la persona defunta; nella scatola egli potrà anche includere una lettera, dove scrivere le proprie emozioni o quello che vorrebbe dire a chi non c’è più. Il bambino può recuperare questa scatola ogni volta che ne sente il bisogno e il genitore lo può affiancare in questo momento importante, in cui è possibile emergano emozioni anche intense. L’elaborazione del lutto non è un momento, bensì un processo che richiede tempo per tutti, perciò i genitori dovranno essere preparati al riemergere nei propri bambini di emozioni connesse alla perdita anche in occasioni future.


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